La
radiosveglia ė l'antitesi del blackout. Quest'ultimo ė
un evento imprevedibile che priva della luce, la radiosveglia ė
un oggetto programmato che crea suono. Come ogni opposto che si rispetti
entrambi hanno uno spirito comune: la caoticità. Se per il blackout l'osservazione è
lapalissiana, per la radiosveglia dobbiamo focalizzare la sua reale funzione:
essa ci strappa dal sonno, interrompendo casualmente un nostro sogno e
cucendoci come un Frankenstein suppellettile un moncherino di musica
decapitata, di solito nel peggior modo possibile. Nessuno ama la radiosveglia.
Anna non
ha mai odiato la sua radiosveglia, anzi, quando apre i suoi occhi neri la
accarezza dolcemente. Sembra volergli grattare lo spazio dietro alle orecchie,
come si fa con i cani. Anna ė un angelo anche quando la spegne.
Dorme
nuda perché può specchiarsi appena uscita dalle lenzuola: si sistema i
corti capelli scuri, si passa la mano sinistra sui seni piccoli e ben torniti.
Anna si piace molto
La doccia dopo il risveglio è un naturale prolungamento del letto.
Una lenta camera di decompressione che sostituisce l'abbraccio pesante ed
avvolgente delle coperte a quello lieve e sussurrante dell'acqua. La realtà
appare poco alla volta, si condensa nella nostra testa come il vapore sul
grande specchio su cui Anna si riflette ancora gocciolante.
Anna
passa almeno un ora in bagno. I suoi riti sono lodi liturgiche: non pensa mai
alla sua giornata ma cura meticolosamente la sua pelle con creme costose,
applica spume nutrienti su capelli affamati di quelle nuvolose meringhe,
massaggia i denti con spazzolini all'argento e paste erboristiche sbiancanti.
Da qualche tempo questa operazione le richiede maggiore cura: inspiegabilmente
una leggera ma tenace ombra scura minaccia la sua dentatura da copertina, cosí
si è
comprata delle apposite fascette sbiancanti. Le scarta come piccoli bon bon e
li applica con diligenza. Anna non è mancina, non potrebbe esserlo, come
le ricordava la bacchetta della Madre Superiora della scuola: la sinistra è
la mano del diavolo; eppure con la mano destra non riesce proprio ad essere
precisa come vorrebbe.
Anna
passeggia per casa, ė ancora nuda, sente il pavimento freddo che le rapisce il
calore dal corpo, lo assapora mentre scorre via provocandole un brivido. Guarda
fuori dalla finestra, ė buio ma lei non lo nota. Osserva il suo riflesso bianco,
aleatorio come un fantasma. Affascinata da se stessa quasi non si accorge che
qualcuno sta suonando alla sua porta. I suoi piedi corrono sul marmo lasciando
piccoli aloni ravvicinati. Anna ė un piccolo elfo leggiadro che semina
tracce che chiedono di essere seguite.
La porta
blindata ė un muro con cui tutti ci isoliamo dal mondo esterno.
Importa poco la sua vera utilità, ė la sensazione di sicurezza quella che
vogliamo. Dentro il bene, fuori il male. Anna la apre senza guardare, senza
chiedere, senza motivo.
Un uomo
basso e corpulento, vagamente porcino, entra silenzioso ma chiaramente conscio
dello spazio che lo circonda; non guarda Anna, se non fugacemente, ma si dirige
a passo deciso verso la camera da letto. I piedi dell'uomo-verro sono fasciati
da pesanti scarponi da lavoro e in un attimo la scia leggiadra di Anna viene
insudiciata da piccoli pezzi di catrame rinsecchito.
L'irruzione
dell'essere che ha preso possesso di casa sua lascia Anna sconvolta e violata
ma lei non riesce a reagire, ad urlare come vorrebbe, anzi segue le tracce del
piccolo fauno come briciole di pane scambiando, paradossalmente, i loro ruoli.
Anna è
in piedi davanti a lui che siede goffamente sul letto e la guarda sorridendo.
Ad Anna sembra un ghigno spaventoso eppure rimane immobile e gelida. Lottando
con un corpo che non le risponde riesce solo ad allungare una mano. Il gesto le
ricorda quello di un mendicante che chiede elemosina più che quello della
rabbia profonda che la scuote sotto la superficie.
Anna ed
il suo ospite rimangono a guardarsi per qualche secondo, non sembrano neanche
appartenere alla stessa specie. Lui si alza in piedi ancora sorridendo, è
più
alto di lei anche se di poco. I pochi capelli rimasti sul suo capo scottato dal
sole e parzialmente spellato si ergono con grottesco orgoglio nella stanza
chiara di Anna. Le mani tozze dell'uomo frugano nelle molte tasche che la
salopette blu, che indossa, nascondono; con due dita, fatte a guisa di
salsiccia, estrae un piccolo mazzetto di banconote di taglio misero piegate in
due ed una bustina di plastica trasparente contenente piccoli cristalli bianchi
e semilucidi, simili ad alcune tipologie di sale che si trovano nelle cucine più
altolocate.
Guardandosi
la mano, riempita da uno sconosciuto con caramelle da adulti, Anna si sente
offesa e schifata, vorrebbe liberarsi da questo incubo lasciando cadere tutto,
colpendo l'uomo con tutta la forza che il suo piccolo corpo possiede. Come in
un sogno il corpo di Anna si muove con volontà propria ed ella vede le proprie mani
contare le banconote e riporle nel comodino, aprire la bustina ed avvicinarla
alla propria bocca, ingerendone il contenuto. Nessun urlo dalla sua bocca,
nessuno schiaffo dalla sua mano invece le sue gambe la muovono sul letto fino a
farle scavalcare il bacino dello sconosciuto dal viso porcino.
...Anna
giace sul letto ancora dolorante, l'uomo è andato via ma lei non potrá
dimenticarlo. Gli ha concesso il suo corpo e lui ha preso tutto quello che
voleva, insultandola, schiaffeggiandola, umiliandola.
Anna
accende la sua radiosveglia, la sintonizza sulla sua stazione preferita, ne ha
bisogno, deve riappropriarsi della sua stanza, di se stessa.
Anna si
alza dal letto, sente il bisogno di specchiarsi, di sapere se il suo corpo
porta marchi di quel terribile evento.
Guardandosi
si sente rinfrancata, è ancora lei, è ancora bellissima: la pelle, i
capelli, i seni. Sorride. Le sembra di essersi appena svegliata con la
musica della sua radiosveglia, così antiquata e confortante sul suo
comodino, la vede anche dal riflesso dello specchio, sul display digitale c'è
la sua radio preferita: frequenza 105.
Adesso è
chiaro, ora è davvero sveglia. Anna si gira per guardare di nuovo la radio:
201... non esiste questa frequenza. Lei, che non è mancina e lo sa, sospira,
accarezzandosi i seni con la mano sinistra.
Lei non è
Anna. Lei è Anna.
Maledetti
palindromi.
Bello,gudurioso ed introspettivo.
RispondiEliminaUn viaggio onirico che fa riflettere, scusa il mio fortuito gioco di parole, chiunque legga questo racconto.
Descrizioni chiare e nitide al punto di riuscire ad entrare nella stanza quasi fossimo noi lo specchio che assiste,come un voyeur discreto, l'intera situazione.
Il tutto condito con quella maestria alla Hitchcock di alcuni film dove ti sorprende scoprire che in realtà sei tu lo spettatore che ingenuamente stà dalla parte sbagliata dello specchio.
Ed ecco lo sbigottimento! Alla fine rimani intrappolato al di là di esso scoprendo che la realtà e la Verità non è quella a cui hai assistito fino ad ora ma un'altra ben più complessa ed ancor più introspettiva che lascia il lettore nel baratro della scelta di comprendere o meno la mentalità,così diversa e distante da noi "fortunati", del "bipolarismo". Spero che questa mi riflessione non sveli alcune cose essenziali da non far conoscere al lettore prima di affrontare la lettura, come accade per molti critici letterari o cinematografici.
Non essendo io una di questi,il mio pensiero è solo uno sproloquio di senzazioni. Complimenti