domenica 6 aprile 2014

Il Risveglio di Anna


La radiosveglia ė l'antitesi del blackout. Quest'ultimo ė un evento imprevedibile che priva della luce, la radiosveglia ė un oggetto programmato che crea suono. Come ogni opposto che si rispetti entrambi hanno uno spirito comune: la caoticità. Se per il blackout l'osservazione è lapalissiana, per la radiosveglia dobbiamo focalizzare la sua reale funzione: essa ci strappa dal sonno, interrompendo casualmente un nostro sogno e cucendoci come un Frankenstein suppellettile un moncherino di musica decapitata, di solito nel peggior modo possibile. Nessuno ama la radiosveglia.

Anna non ha mai odiato la sua radiosveglia, anzi, quando apre i suoi occhi neri la accarezza dolcemente. Sembra volergli grattare lo spazio dietro alle orecchie, come si fa con i cani. Anna ė un angelo anche quando la spegne.

Dorme nuda perché può specchiarsi appena uscita dalle lenzuola: si sistema i corti capelli scuri, si passa la mano sinistra sui seni piccoli e ben torniti. Anna si piace molto
La doccia dopo il risveglio è un naturale prolungamento del letto. Una lenta camera di decompressione che sostituisce l'abbraccio pesante ed avvolgente delle coperte a quello lieve e sussurrante dell'acqua. La realtà appare poco alla volta, si condensa nella nostra testa come il vapore sul grande specchio su cui Anna si riflette ancora gocciolante.

Anna passa almeno un ora in bagno. I suoi riti sono lodi liturgiche: non pensa mai alla sua giornata ma cura meticolosamente la sua pelle con creme costose, applica spume nutrienti su capelli affamati di quelle nuvolose meringhe, massaggia i denti con spazzolini all'argento e paste erboristiche sbiancanti. Da qualche tempo questa operazione le richiede maggiore cura: inspiegabilmente una leggera ma tenace ombra scura minaccia la sua dentatura da copertina, cosí si è comprata delle apposite fascette sbiancanti. Le scarta come piccoli bon bon e li applica con diligenza. Anna non è mancina, non potrebbe esserlo, come le ricordava la bacchetta della Madre Superiora della scuola: la sinistra è la mano del diavolo; eppure con la mano destra non riesce proprio ad essere precisa come vorrebbe.

Anna passeggia per casa, ė ancora nuda, sente il pavimento freddo che le rapisce il calore dal corpo, lo assapora mentre scorre via provocandole un brivido. Guarda fuori dalla finestra, ė buio ma lei non lo nota. Osserva il suo riflesso bianco, aleatorio come un fantasma. Affascinata da se stessa quasi non si accorge che qualcuno sta suonando alla sua porta. I suoi piedi corrono sul marmo lasciando piccoli aloni ravvicinati. Anna ė un piccolo elfo leggiadro che semina tracce che chiedono di essere seguite.

La porta blindata ė un muro con cui tutti ci isoliamo dal mondo esterno. Importa poco la sua vera utilità, ė la sensazione di sicurezza quella che vogliamo. Dentro il bene, fuori il male. Anna la apre senza guardare, senza chiedere, senza motivo.

Un uomo basso e corpulento, vagamente porcino, entra silenzioso ma chiaramente conscio dello spazio che lo circonda; non guarda Anna, se non fugacemente, ma si dirige a passo deciso verso la camera da letto. I piedi dell'uomo-verro sono fasciati da pesanti scarponi da lavoro e in un attimo la scia leggiadra di Anna viene insudiciata da piccoli pezzi di catrame rinsecchito.

L'irruzione dell'essere che ha preso possesso di casa sua lascia Anna sconvolta e violata ma lei non riesce a reagire, ad urlare come vorrebbe, anzi segue le tracce del piccolo fauno come briciole di pane scambiando, paradossalmente, i loro ruoli.

Anna è in piedi davanti a lui che siede goffamente sul letto e la guarda sorridendo. Ad Anna sembra un ghigno spaventoso eppure rimane immobile e gelida. Lottando con un corpo che non le risponde riesce solo ad allungare una mano. Il gesto le ricorda quello di un mendicante che chiede elemosina più che quello della rabbia profonda che la scuote sotto la superficie.

Anna ed il suo ospite rimangono a guardarsi per qualche secondo, non sembrano neanche appartenere alla stessa specie. Lui si alza in piedi ancora sorridendo, è più alto di lei anche se di poco. I pochi capelli rimasti sul suo capo scottato dal sole e parzialmente spellato si ergono con grottesco orgoglio nella stanza chiara di Anna. Le mani tozze dell'uomo frugano nelle molte tasche che la salopette blu, che indossa, nascondono; con due dita, fatte a guisa di salsiccia, estrae un piccolo mazzetto di banconote di taglio misero piegate in due ed una bustina di plastica trasparente contenente piccoli cristalli bianchi e semilucidi, simili ad alcune tipologie di sale che si trovano nelle cucine più altolocate.

Guardandosi la mano, riempita da uno sconosciuto con caramelle da adulti, Anna si sente offesa e schifata, vorrebbe liberarsi da questo incubo lasciando cadere tutto, colpendo l'uomo con tutta la forza che il suo piccolo corpo possiede. Come in un sogno il corpo di Anna si muove con volontà propria ed ella vede le proprie mani contare le banconote e riporle nel comodino, aprire la bustina ed avvicinarla alla propria bocca, ingerendone il contenuto. Nessun urlo dalla sua bocca, nessuno schiaffo dalla sua mano invece le sue gambe la muovono sul letto fino a farle scavalcare il bacino dello sconosciuto dal viso porcino.

...Anna giace sul letto ancora dolorante, l'uomo è andato via ma lei non potrá dimenticarlo. Gli ha concesso il suo corpo e lui ha preso tutto quello che voleva, insultandola, schiaffeggiandola, umiliandola.

Anna accende la sua radiosveglia, la sintonizza sulla sua stazione preferita, ne ha bisogno, deve riappropriarsi della sua stanza, di se stessa.

Anna si alza dal letto, sente il bisogno di specchiarsi, di sapere se il suo corpo porta marchi di quel terribile evento.

Guardandosi si sente rinfrancata, è ancora lei, è ancora bellissima: la pelle, i capelli, i seni.  Sorride.  Le sembra di essersi appena svegliata con la musica della sua radiosveglia, così antiquata e confortante sul suo comodino, la vede anche dal riflesso dello specchio, sul display digitale c'è la sua radio preferita: frequenza 105.
Adesso è chiaro, ora è davvero sveglia. Anna si gira per guardare di nuovo la radio: 201... non esiste questa frequenza. Lei, che non è mancina e lo sa, sospira, accarezzandosi i seni con la mano sinistra. 
Lei non è Anna. Lei è Anna.
Maledetti palindromi.

1 commento:

  1. Bello,gudurioso ed introspettivo.
    Un viaggio onirico che fa riflettere, scusa il mio fortuito gioco di parole, chiunque legga questo racconto.
    Descrizioni chiare e nitide al punto di riuscire ad entrare nella stanza quasi fossimo noi lo specchio che assiste,come un voyeur discreto, l'intera situazione.
    Il tutto condito con quella maestria alla Hitchcock di alcuni film dove ti sorprende scoprire che in realtà sei tu lo spettatore che ingenuamente stà dalla parte sbagliata dello specchio.
    Ed ecco lo sbigottimento! Alla fine rimani intrappolato al di là di esso scoprendo che la realtà e la Verità non è quella a cui hai assistito fino ad ora ma un'altra ben più complessa ed ancor più introspettiva che lascia il lettore nel baratro della scelta di comprendere o meno la mentalità,così diversa e distante da noi "fortunati", del "bipolarismo". Spero che questa mi riflessione non sveli alcune cose essenziali da non far conoscere al lettore prima di affrontare la lettura, come accade per molti critici letterari o cinematografici.
    Non essendo io una di questi,il mio pensiero è solo uno sproloquio di senzazioni. Complimenti

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